I dibattiti all’Europarlamento di Strasburgo, città ferita dall’attentato di martedì, non offrono sempre spunti di nobiltà dialogica. Anzi. Spesso scivolano nei particolarismi, negli interessi di lobby anacronistiche e di piccolo cabotaggio. Stavolta no, le idee riescono a governare i numeri.

L’accordo tra Ue e Giappone coniuga interessi imprenditoriali e “visione”. Bruxelles e Strasburgo incassano l’abbattimento di dazi alti in settori chiave per il Vecchio continente e in particolar modo per l’Italia. Vino (dazi al 15%), formaggio (al 35-40%), pasta (al 24%) verranno rimossi subito o entro tempi brevi.

L’intesa rimuove dazi doganali per più di 1 miliardo di euro annui, prevede un aumento dell’esportazione di prodotti alimentari pari al 180% e nel settore chimico un aumento del 20 per cento.

Quello ottenuto è un accordo che stempera la litigiosità e riduce le distanze tra europarlamentari italiani di orientamento lontano. Per Tiziana Beghin del M5S «questo è un accordo win-win anche perché non abbiamo da temere la concorrenza alimentare del Giappone e la loro forza su mercato automotive non limita i vantaggi per l’Europa. E l’Italia ha comunque ottime possibilità di restare sul mercato della robotica e della meccatronica».

Certamente più complessa la vertenza con il Sud America – dice Beghin – ma oggi «le nostre associazioni sono soddisfatte nonostante qualche criticità sulle indicazioni geografiche». È l’Italian sounding, diffuso nel Nuovo continente, che le preoccupa e questo non è un tema che concerne il commercio con il Giappone.
Una intesa che accoglie le istanze delle Pmi, spiega Alessia Mosca, eurodeputata di S&D. «Sì perché le multinazionali non hanno bisogno di accordi di questo tipo. Si parla di 205 protezioni geografiche. Non solo. È un accordo che impegna le parti anche sull’accordo di Parigi», dice Mosca.

Il cibo è comunque il settore di cui l’Italia beneficia maggiormente: aceto balsamico, formaggio Asiago, fontina, pecorino romano e sardo, taleggio, prosciutti. Poi carni bovine e suine, cioccolato e biscotti. Sono questi alcuni dei settori merceologici avvantaggiati.

Pare evidente infine una considerazione condivisa da varie sponde politiche, anche quelle più lontane. Il vantaggio di questo accordo lo si ritrova nelle pieghe di un tema di politica internazionale che, con l’arrivo di Trump, ha penalizzato il Giappone. È vero – secondo vari opinionisti europei – Tokyo ha ceduto qualche posizione con l’Ue in cambio di un riavvicinamento all’Occidente, dopo l’annullamento del Tpp, il trattato commerciale internazionale boicottato dalla Casa Bianca. In altre parole il Giappone si riposiziona nell’area europea dopo aver perduto accordi in quella del Pacifico.

Infine il settore degli appalti pubblici. L’accordo prevede la parità nell’accesso al mercato degli appalti giapponesi. Nelle prime 48 città del Paese orientale, le imprese europee saranno trattate come quelle giapponesi, così come nel mercato degli appalti ferroviari, finora molto chiuso alle imprese europee. 

Fonte: Il Sole 24 Ore

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