Vacondio (Federalimentare): “Accordi commerciali bilaterali utili per raggiungere il traguardo”. Scordamaglia (Filiera Italiana): “Ristorazione, un canale da sfruttare”

di Vito de Ceglia

Il primo obiettivo dell’industria agrolimentare è di raggiungere in due anni una quota di export di 50 miliardi di euro, oggi sono 33 miliardi su un fatturato complessivo di 140 miliardi di euro. A ricordare, agli addetti ai lavori, l’ambizioso traguardo che l’industria italiana del food deve raggiungere è stato il nuovo presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio: “Siamo cresciuti nell’ultimo decennio dell’81% – spiega – ed è in questo campo che nei prossimi due anni ci aspettano nuove sfide: quella di raggiungere, come industria alimentare, un’incidenza sul fatturato complessivo uguale o superiore al 25% e quella di spingere in un biennio la quota dell’export totale, di cui l’industria copre l’81%, alla quota ambita di 50 miliardi di euro”. Per riuscirci, “una strada da percorrere – sottolinea il presidente – sono gli accordi commerciali bilaterali, che sono utili e dobbiamo sfruttarli. Però, la politica deve fare quadrato e dare una mano all’intero sistema”

L’esito della Brexit fa paura

Il quadro internazionale, delineato dal Centro studi di Federalimentare, però non lascia sereni perché mette a nudo le difficoltà che le nostre imprese potrebbero incontrare nel 2019. L’export, in assenza di forti turbative internazionali – riporta il documento – dovrebbe confermare sostanzialmente il trend 2018, cioè viaggiare ad un passo vicino al 3%. Sulla carta spinte positive potrebbero arrivare dalla soluzione del contenzioso Cina-Usa e dal rasserenamento del clima internazionale conseguente. Ma pesa sempre con un macigno l’incertezza legata agli esiti della Brexit e alla situazione specifica del mercato UK, quarto sbocco per il food italiano. In parallelo, riporta ancora il documento, la fiducia degli italiani rimane modesta. E le previsioni dicono che le spese alimentari potranno subire anche dei ritocchi in valore e volume, sull’ordine però dello “zero virgola” dell’ultimo periodo. La polarizzazione dei consumi continuerà a consolidarsi, con crescite, probabilmente meno marcate, dei segmento low cost e premium, agli estremi, ed un’ulteriore contrazione dei prodotti della fascia centrale, a causa della perdita del potere di acquisto della classe media.

Ristorazione, canale in crescita

Se le imprese italiane vogliono crescere, l’export resta quindi la via principale. Un contributo importante potrebbe arrivare dal canale della ristorazione, da dove oggi passa il 15% dei 32 miliardi di esportazioni del Made in Italy alimentare. Lo rileva il Centro studi di Filiera Italia: “L’unica grande fascia dei consumi alimentari che stabilizza e sostiene il mercato, ad eccezione per alcuni prodotti specifici, continua ad essere il ‘fuori casa’ e la ‘ristorazione – afferma Luigi Scordamaglia, numero uno di Filiera Italia -, che ha consentito ai consumi alimentari 2018 del Paese di sfiorare 250 miliardi di euro complessivi”. Scordamaglia conclude: “Questo canale rappresenta la risposta strategica all’assenza di catene distributive italiane all’estero ed è quello che consente di valorizzare al meglio sui mercati mondiali i nostri prodotti esaltandone non solo la qualità, ma lo stile e lo storytelling“.

Fonte: Informacibo

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