Dopo la segnalazione su Tre Bicchieri del Gambero Rosso dei casi anomali di Montepulciano in Australia e l’interrogazione parlamentare del senatore Stefano, i produttori chiedono di intervenire in fretta e uniti. E se si trattasse di slegare il nome del vitigno da quello del vino? Non sarebbe la prima volta che accade.

Quando il nome della varietà corrisponde al nome del vitigno si corrono dei rischi. Nel mondo, infatti, esistono già molti vini internazionali che si chiamano Montepulciano, in virtù dell’utilizzo di una varietà (Montepulciano nero) impiantata in tutto il mondo. Per questo è necessario agire. Anche perché, proprio su Montepulciano, c’è una ambiguità già in casa nostra, di cui si è occupato il Ministero dello Sviluppo.

Abruzzo e Toscana: la questione Montepulciano

Con la decisione n. 76/2017, la Commissione dei Ricorsi dell’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) si era pronunciata sulla validità del marchio “Montepulciano d’Abruzzo”. Il ricorso era stato presentato dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, titolare del marchio comunitario “Vino Nobile di Montepulciano”, registrato nel 2006.

Spiega l’avvocato Fabia De Bono dello studio legale Barzanò e Zanardo che ha assistito il Consorzio abruzzese: “l’Ufficio ha ribadito che la coesistenza nel mercato dei due vini per oltre mezzo secolo scongiura qualsiasi rischio di confusione trai due vini… dal momento che il termine Montepulciano del marchio ‘Vino Nobile di Montepulciano’ identifica l’area geografica di produzione – ossia la località toscana Montepulciano – mentre nel marchio ‘Montepulciano d’Abruzzo’, la parola Montepulciano contraddistingue esclusivamente il vitigno“. Infine, la Commissione ha messo in luce che “Un marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo abilitato all’uso di una denominazione geografica“. Siccome la decisione della Commissione Ricorsi non è stata impugnata, l’iter di registrazione del marchio Montepulciano d’Abruzzo si è concluso positivamente. La decisione ha valenza solo per l’Italia.

Il Montepulciano in Italia e nel mondo

Torniamo al vitigno. Il Montepulciano è un vitigno molto diffuso nel nostro Paese. Ha come luogo di elezione il Centro Italia (Abruzzo, Umbria, Marche soprattutto), dove nascono 3 Docg (il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane; Conero; Offida) e la Doc Montepulciano d’Abruzzo. Inoltre, ha un ruolo importante in 35 altre Doc e 88 Igt, vale a dire che è presente in quasi tutte le regioni italiane. Dal punto di vista della superficie vitata con 27.000 ettari coltivati è secondo solo al Sangiovese che occupa il primo con 54.000 ettari (fonte Oiv).

Nel resto del mondo, il Montepulciano è presente in Australia (1.2% dei vigneti), in Nuova Zelanda, negli Usa, in Cina ma anche in numerosi paesi dell’America Latina tra cui Argentina e Brasile. Tutti titolati a produrre vino Montepulciano. Ma la questione non si ferma qui.

Su Tre Bicchieri e sulle pagine virtuali del sito web Gambero Rosso avevamo segnalato nell’ambito di un articolo sulle novità del Vino Nobile che in Australia erano prodotti due vini Montepulciano con appellativi dispregiativi del nostro vino e del nostro Paese. Da qui è nata l’interrogazione parlamentare del senatore Dario Stefàno al ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, per sapere quali iniziative sarebbero state intraprese per impedire gli australiani di proseguire su questa strada.

I casi australiani

Oggi in Germania ci vogliono solo 21/22 euro per acquistare l’australiano First Drop Minchia Montepulciano. I negozi (in Bavaria, North Rhine- Westphalia, Hessen) assicurano spedizioni in tutto il mondo. Parola di Wine Searcher, il più importante e più consultato portale del vino del mondo. Mentre, per ora, il Montepulciano d’Abruzzo intitolato La Cosa Nostra, prodotto dall’azienda Springton Hill Vines della Eden Valley, si può acquistare solo in Australia. I titolari di quest’ultima cantina produttrice sono emigrati di origine abruzzese – famiglia Ciccocioppo – per cui è molto difficile sostenere che non conoscano il significato delle parole e di ciò che evoca “Cosa Nostra” nell’immaginario di qualsiasi persona, italiana o straniera che sia.

Lo stesso vale per l’altro vino australiano che con quel nome, non lascia molto spazio all’immaginazione: il First Drop Minchia Montepulciano viene prodotto nelle Adelaide Hills (South Australia) dalla First Drop Wine’s Cellar di Matt Gantos Gant e John JR Retsas. I due buontemponi, per altro considerati dal più famoso critico enologico australiano James Halliday, come eccellenti produttori, è difficile credere che non conoscano il significato dell’appellativo siciliano. In entrambi i casi, l’accostamento con Montepulciano, risulta insultante per tutto il nostro vino, tanto più che tra i consumatori e nei mercati esteri, la differenza tra Montepulciano città e Montepulciano vitigno, è assai labile e fonte di incomprensioni. Resta il fatto che una Docg quale il Nobile di Montepulciano, e due delle nostre denominazioni più famose del centro Italia (Montepulciano d’Abruzzo Doc e il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg) risultano direttamente colpite dalla vicenda australiana.

I precedenti: il caso del Brunello

A Montalcino il problema l’hanno risolto negli anni Novanta, quando fu cancellato dall’elenco delle varietà, il sinonimo brunello per il sangiovese coltivato a Montalcino. Non a caso, in California, una cantina, approfittando della smagliatura esistente, aveva pensato di sfruttarla per provare a produrre Brunello. Il Consorzio ed Ezio Rivella (allora presidente del Comitato nazionale vini), compresero che questa possibilità offerta dall’esistenza di un’uva brunello avrebbe permesso a tanti, in giro per il mondo, di piantarla per ottenere l’omonimo vino. E così corsero ai ripari, eliminando il sinonimo. Successivamente fu eliminato anche dal disciplinare il richiamo “Sangiovese denominato, a Montalcino, Brunello“. Ora il grande rosso toscano è blindato.

I precedenti: il caso del Prosecco

In tempi più recenti, una strada simile è stata percorsa dal Prosecco che correva il rischio di scontrarsi con imitazioni da tutto il mondo. Il problema era proprio di impedire che si piantasse prosecco e poi si usasse il nome del vitigno per denominare il vino. Luca Zaia, allora Ministro delle politiche agricole, comprese che la partita in gioco era alta e bisognava giocare d’attacco. L’esistenza di Prosecco, un borgo carsico a 9 km da Trieste, “nome di territorio” e l’iscrizione all’Albo Nazionale delle varietà Glera, in sostituzione di Prosecco, ha permesso una difesa efficace e ha salvaguardato sia Docg (Asolo; Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore) sia Doc (Prosecco Doc) di uno dei vini italiani di maggior successo degli ultimi 30 anni. Seppur non totalmente, però, perché in precedenza in Australia il Prosecco era stato impiantato e la produzione di spumante avviata e oggi viene rivendicata come tale (Victoria).

Cosa ne pensano i produttori

Cosa si può fare oggi in Abruzzo? Valentino Campli,presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo, è conscio che il nome di un vino in riferimento a un vitigno è una sorta di arma a doppio taglio. In proposito, osserva: “Nel breve medio periodo non sono ipotizzabili modifiche. Bisogna stare attenti, vigilare e soprattutto difendere il nome Montepulciano d’Abruzzo. Da dicembre avremo la fascetta di stato sulle nostre bottiglie: è una garanzia e una misura che va nella direzione indicata. Nel lungo periodo è un problema che dovremo affrontare e risolvere diversamente proprio per i rischi che presenta”. Per quanto riguarda l’Australia, Campli ammette che “le attività di tutela sono sempre state difficili ma” aggiunge “per la nostra regione il Montepulciano d’Abruzzo è una Doc strategica che va assolutamente salvaguardata. Finora non c’è stata occasione di riattivare il rapporto previsto con il Consorzio del Vino Nobile dall’accordo del 2012, ma potrebbe essere arrivato il momento. In ogni caso, è necessario attivare tutti i canali istituzionali per combattere gli abusi.” Considerazioni condivise da Piero Di Betto, presidente del Consorzio del Vino Nobile: “Mi auguro di incontrare il prima possibile il presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo” ha detto a Tre Bicchiri “per metterci attorno ad un tavolo e parlare di come agire“.

Intanto, Marina Cvetic di Masciarelli Vini, da sempre in prima fila per la diffusione nel mondo dei vini abruzzesi osserva che “bisognerebbe fare un fronte comune con i toscani per combattere un vero e proprio furto di identità per altro connotato da appellativi molto negativi. Il problema della tutela non riguarda le aziende o le denominazione abruzzesi o toscane, ma il nostro vino italiano. Come al solito, l’avversario non è in casa nostra ma è fuori“.

Gli sviluppi dell’affair Montepulciano

Con una lettera al ministro delle Politiche agricole e Turismo, Gian Marco Centinaio, il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro, chiede, a nome della Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani, di “agire presso le rappresentanze diplomatiche Italiane in Australia per far cessare immediatamente l’uso illecito della denominazione ‘Montepulciano d’Abruzzo’, nonché i termini lesivi associati dai predetti imprenditori all’immagine della Doc italiana”. La lettera di Federdoc si aggiunge all’interrogazione parlamentare presentata dal sen. Dario Stefàno e all’intervento Donatella Cinelli Colombini Presidente del Consorzio Vino Orcia che sollecita una risposta celere e un intervento degli uffici della Repressione Frodi.

a cura di Andrea Gabbrielli

Fonte: Gambero Rosso

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