Dopo mesi di gestazione e un parto particolarmente complesso e atteso, finalmente è nato. Si tratta dell’ultimo frutto del Governo Conte: il Patto per l’Export. Un provvedimento che incanala risorse straordinarie per circa 1,4 miliardi di euro, con cui si rafforzeranno gli strumenti per l’internazionalizzazione delle imprese e si adotterà un’azione promozionale di ampio respiro.

L’export incide per quasi un terzo sul valore del PIL, ma secondo le ultime prevedibili stime se ne prospetta una riduzione del 14% nel 2020. Nella reattività post Covid si potrà stimare il grado di competitività delle PMI italiane, per le quali il processo di internazionalizzazione ne decreterà il flusso vitale.

Il Piano incorpora le istanze presentate da 147 associazioni di categoria e oltre 250 esponenti dei settori produttivi e prevede una serie di azioni incentrate su 6 “gold standard”: comunicazione, formazione integrata, informazione/formazione, e-commerce, sistema fieristico e finanza.

Cerimonia di firma del Patto per l’Export – Video Ufficiale

Una strategia multilaterale orientata alla promozione di iniziative quali: rilancio e sostegno del sistema fieristico, canali che migliorino i rapporti con la Gdo all’estero, sviluppo di piani organici per l’e-commerce, piani di comunicazione strategica, pubblicazione del bando per temporary-digital export manager, potenziamento della strategia nazionale dell’esportazione del sistema produttivo italiano, rafforzamento della lotta a contraffazione e Italian sounding.

È proprio su quest’ultimo piano così delicato, ma dal peso ingente che si gioca una delle partite più considerevoli per il rilancio e non solo post-Covid. È annoso il processo di erosione dell’immagine del patrimonio agroalimentare ed enogastronomico italiano, che sottrae dolosamente ricchezza, occupazione e chance di crescita per coloro che, sul campo, combattono per l’affermazione della vera italianità a tavola, oltre i nostri confini. All’estero, la domanda di prodotti italiani è enorme e in costante crescita. Per contro, gli estimatori stranieri dei prodotti nostrani, non sono quasi mai in grado di riconoscerli, facili vittime di coloro che nulla sanno o fanno in conformità con le tradizioni enogastronomiche cui dicono di appartenere.

Il “Country Effect” intanto conferisce valore al Made In Italy, che si afferma nel mondo non solo come mera denominazione geografica, ma anche come vero e proprio marchio, tanto che una ricerca del Politecnico di Milano ha evidenziato che se il Made In Italy fosse un brand sarebbe il terzo marchio più noto al mondo, dopo Coca Cola e Visa.

La certificazione “ITA0039 | 100 % Italian Taste Certification” nasce dalla volontà di ASACERT di dare il proprio contributo per difendere, promuovere e valorizzare la “vera” italianità all’estero nell’ambito della ristorazione e della distribuzione enogastronomica. Un progetto in linea con ciò che il Governo ha deciso di mettere in campo: “ITA0039 è un sistema integrato in cui ristoratori e produttori saranno linkati, in favore della trasparenza nei confronti dei consumatori, i quali potranno consultare non solo la lista dei ristoranti certificati, ma anche l’elenco delle materie prime utilizzate e il produttore-fornitore da cui il ristoratore si è approvvigionato. Sarà un ulteriore strumento incentivante per le eccellenze di una filiera virtuosamente ridotta, in favore del buon cibo e della tutela dei consumatori-estimatori di prodotti enogatsronomici di tutto il mondo”. Il pensiero di Fabrizio Capaccioli ideatore del Protocollo di certificazione che ha raccolto la vicinanza di Coldiretti, Filiera Agricola Italiana, IFSE (prestigiosa scuola di cucina internazionale) e ANRA.

L’augurio è che questa nuova creatura improntata al rilancio sia supportata da un’attenta opera di monitoraggio e prevenzione degli illeciti e frodi sulla filiera agroalimentare italiana, impareggiabile fonte di prodotti salubri e riferimento per i tanti, onesti agro-ristoratori italiani.