Pochi giorni prima della partita di calcio, che avrebbe visto sfidarsi l’Italia e l’Inghilterra per vincere il titolo di Campioni d’Europa, i tifosi inglesi hanno fatto una promessa: non mangiare cibo italiano fino al termine degli Europei.

«The mind game start with Italy from today. I’m putting pineapple on my pizza and gravy on my pasta. And no Parmesan cheese grated cheddar», si legge su Twitter.

Rinunciare al parmigiano, dire addio al Prosecco, mettere da parte la ricotta. Tutto pur di dimostrare il proprio supporto a Gareth Southgate e alla sua squadra. Per la maggior parte, la rinuncia voleva essere un gioco scherzoso, una sfida contro se stessi (chi mai potrebbe rinunciare alla pizza, no?), ma per alcuni non c’era niente da ridere: «Nessuno di voi osi comprare la pizza per il takeaway di domenica sera», scriveva un tifoso.

Sappiamo tutti com’è finita: gli Azzurri di Mancini hanno trionfato ai rigori e la coppa tanto agognata won’t coming home.

Nel frattempo, è ormai diventata virale la scena di Leonardo Bonucci, difensore della nazionale, che rivolgendosi ai tifosi inglesi ha esultato con: «Ancora pastasciutta dovete mangiare». Come a dire, che queste vittorie sono anche il risultato di un’alimentazione tutta italiana. Ed effettivamente, se la performance inglese dovesse basarsi davvero sui consumi di pasta, allora la sconfitta sarebbe più che giustificata, dal momento che nel 2021, secondo i dati elaborati da Coldiretti, se n’è registrato un calo del 25%.

Il campionato è terminato, ma il rancore degli inglesi no: ancora delusi da questa sconfitta, hanno preferito omaggiare il loro Paese continuando a mangiare fish&chips, piuttosto che tornare a occupare i tavoli dei ristoranti italiani. Questi ultimi, infatti, in seguito alla vittoria italiana, hanno visto le prenotazioni diminuire del 55% (fonte: theFork Uk), mentre aumentavano le chiamate per disdire. Tutto questo lascia sorpresi e confusi molti proprietari, già preoccupati per gli effetti che un’eventuale vittoria/sconfitta avrebbe avuto sul loro ristorante, tanto da portarli – a poche ore dalla finale – ad abbassare prima le saracinesche.

Insomma, un anno difficile questo per il Made in Italy d’oltre Manica, che deve già vedersela con gli effetti disastrosi della Brexit. A preoccupare è principalmente il crollo delle esportazioni pari a 38,3%, il cui valore si aggira intorno ai 3,4 miliardi di euro annui.

E se, calcisticamente parlando, non possiamo lamentarci, dal punto di vista agroalimentare il risultato è spiacevole per entrambe le “squadre”.

L’Inghilterra ama la nostra cucina, tanto da essere uno dei principali consumatori, specialmente se si parla di passate di pomodoro, pasta, formaggi, vino e prosecco. Tutti prodotti che l’Italia è ben felice di portare all’estero, ma che fatica a far arrivare a causa di una burocrazia post Brexit che, certamente, di fatto impedisce alle imprese e ai produttori, soprattutto i più piccoli di operare nella terra di Elisabetta II. Perché se è vero che le scartoffie da compilare sono uguali per tutti, è altrettanto vero che le grandi aziende riescono a gestire questo aggravio, che invece penalizza le piccole realtà agroalimentari. Due dogane, una all’entrata e una all’uscita, una serie di documenti per ciascuna, codici doganali per ogni singolo prodotto, tasse che aumentano: tutto questo rallenta in modo significativo il processo di esportazione. Inoltre, il mancato rispetto degli accordi sulla Brexit facilita l’ingresso di prodotti che non rispettano gli standard di sicurezza europei e che – soprattutto – sono contraffazioni e imitazioni di prodotti tutelati, come il Chianti e il Parmigiano. Nessun controllo significa nessuna tutela per l’Italia, che dovrebbe affrontare la concorrenza sleale generata dal proliferare del falso Made in Italy e, di conseguenza, dell’Italian Sounding.

Scovare la vera cucina italiana all’estero può, a volte, essere difficile. Per questo ASACERT ha messo a fuoco alcuni criteri selettivi che contribuiscono a comporre un rating finale di italianità, attraverso il Protocollo ITA0039 | 100% Italian Taste. Tra gli elementi della check-list analizzati dagli auditor, infatti, viene prestata particolare attenzione alla filiera produttiva delle materie prime utilizzate per la preparazione dei piatti.

ASACERT e il Network di ITA0039 lavorano da tempo affinché le regole in campo vengano rispettate e il gioco sia il più onesto e trasparente possibile. E se nel calcio questo compito è assegnato agli arbitri o al VAR, nel settore agroalimentare la tutela del Made in Italy spetta all’APP ITA0039: una rete che connette clienti, produttori e ristoratori. Tutti pronti ad arbitrare una partita che vede scontrarsi l’ineguagliabile Made in Italy contro i campioni di Italian Sounding.

Noi tifiamo Made in Italy!