Napoletana o romana, fritta o al tegamino. Alcuni preferiscono la pinsa, altri lo sfincione. Simbolo del Made in Italy, è il piatto più amato al mondo; può essere alta, sottile, con il bordo croccante o ripieno; può essere farcita in un’infinita varietà di modi diversi; è sempre pronta a rinnovarsi con farine particolari e ingredienti unici. Stiamo ovviamente parlando della pizza.

Se cerchiamo la parola pizza su Google, ci ritroveremo sommersi da un quantitativo di voci tale da darci l’idea di quanto, effettivamente, sia diffuso questo fenomeno gastronomico. Tuttavia, il biennio 2020-2021 non è stato un anno fortunato per la ristorazione: tra restrizioni e chiusure, le pizzerie italiane hanno un subito un crack da 2,5 miliardi di euro rispetto al 2019 (dati Coldiretti). Eppure, la pandemia non ha fermato l’amore per questo piatto. Perché, se da un lato è vero che durante il lockdown ci siamo appassionati agli impasti fatti in casa, portando la ricerca del lievito tra gli scaffali del supermercato ai livelli di quella del tartufo, dall’altro è innegabile che la pizza sia un’arte e, quando fatta da chi se ne intende, resta sempre la migliore.

“Crederci sempre, arrendersi mai” è un motto che alla storia della pizza calza a pennello. Nata per testare il calore del forno dei panettieri, la pizza saziava a colazione, pranzo e cena la pancia di coloro che avevano tanta fame, ma poco denaro. Oggi, conosciuta in tutto il mondo con un unico nome, senza necessitare di traduzioni, è un successo che non perde mai posizioni in classifica, un evergreen che, in certi ristoranti, può arrivare a cifre da far storcere il naso ai più tradizionalisti.

Lo stesso pizzaiolo si è avventurato in un viaggio alla scoperta di una professione che negli ultimi anni è stata protagonista di una rivoluzione di status: da umile mestiere, il pizzaiolo si è trasformato in un artigiano, imprenditore e artista. Tanto che la sua arte, quella del Pizzaiuolo, è diventata Patrimonio dell’Unesco.

Partendo dalle periferie di Napoli, la pizza si è trasformata in un fenomeno gastronomico globale con gli americani che, grazie a 13 chili a testa, guidano la classifica dei maggiori consumatori. Gli italiani, invece, si posizionano primi in Europa, con 7,6 kg pro capite di consumo all’anno, seguiti dagli spagnoli (4,3 kg), francesi e tedeschi (4,2 kg), inglesi (4 kg) e gli austriaci (3,3 kg).

A fronte di ciò, il lavoro di ITA0039 è fare cultura della pizza. I ristoranti all’estero che scelgono di aderire al Protocollo di ITA0039, scelgono la consapevolezza, la coscienza e lo studio delle materie prime, mettendo al primo posto la provenienza, la qualità, la tradizione e il territorio. Il risultato è un piatto che, da solo, riesce a raccontare una storia senza tempo e un ristoratore che offre una pizza gustosa e contemporaneamente anche più sana.

Questo cambio di approccio ha contribuito a cambiare molto il modo in cui è considerata la pizza, a torto per lungo tempo considerata di «Serie B»: ora che nulla è lasciato all’approssimazione è anche merito di clienti sempre più informati, attenti alla qualità, che del Made in Italy hanno fatto uno stile di vita.