Sembrava lontana anni luce e invece è arrivata anche la tanto attesa Fase 2, con il suo carico di incognite, dubbi, progetti da mettere in campo e fatidici aiuti da parte del Governo ancora tutti da vedere. Questo il quadro che i ristoratori italiani si trovano a dover contemplare. Una di quelle opere astrattiste che non sai da quale prospettiva vada osservata. Molto è stato perso, molto ancora si lascerà nel tortuoso cammino verso la riapertura. Si attende il Decreto Maggio (ex Decreto Aprile) come una stella cometa un po’ fuori tempo e fuori luogo. Ad oggi ancora nulla di concreto, a parte comprensione e promesse. Si confida in iuti a fondo perduto, perché del credito d’imposta il comparto non sa cosa farsene, con perdite vive che hanno prosciugato conti e lasciato canyon desolati nelle sale, che una volta erano colme di clienti e avventori.

Le città si apprestano a concedere più spazio pubblico ai locali che devono ripartire dopo lo stop forzato. Ripensare lo spazio urbano coi dehors dei ristoranti. Si spera vengano varate misure che prevedano minori oneri per la tassa di occupazione del suolo pubblico (esentare le attività per almeno 6 mesi) o addirittura la sospensione degli oneri fiscali per chi vada oltre le volumetrie concesse per permettere il giusto distanziamento fisico tra tavoli. Si spera sia azzerato l’iter burocratico di richieste  di autorizzazioni per mettere all’esterno tavoli, che all’interno non potrebbero rispettare le misure di distanziamento sociale.

 I locali di intrattenimento e tutto il mondo catering sono distrutti. Serve con urgenza avere risposte sulle condizioni per poter aprire in sicurezza. Fipe e Confesercenti hanno stilato un protocollo, ma è necessario che sia validato e occorre avere risposte certe.

Sarà necessario trovare strategie attuative per armonizzare le esigenze del distanziamento sociale con la l’assetto dei centri urbani congestionati, ottimizzare spazi e risorse. Gli amministratori più illuminati guardano già all’estero, a quanto messo in campo più tempestivamente di quanto non sia stato fatto in Italia. Si parla di “modello Lituania”, dove nelle principali città il Governo ha concesso alle attività di estendere la dislocazione anche nelle piazze e nelle strade limitrofe, aiutati dalla stagione clemente. Oasi gastronomiche che possano ospitare all’aperto e con le giuste distanze in tutta sicurezza. Così come sono stati aperti drive-in che ospitano auto in cui è possibile trascorrere una serata al cinema, in modalità sicurezza attivata.

Analogamente in Italia arriva dal sindaco di Genova la proposta di creare delle isole gastronomiche in città, per favorire tavoli all’aperto per bar e ristoranti.

In questa direzione anche Roma, una delle città più ricettive in primavera, per il suo indiscutibile fascino senza tempo, dove è stata approvata una misura straordinaria che prevede, previa presentazione di un progetto dettagliato al Municipio di competenza, un ampliamento della concessione di suolo pubblico fino a un massimo del 35% oltre l’area già concessa, accompagnata da una deregulation per le pratiche con tempi obbligatori di pronuncia da parte dell’amministrazione di 20 giorni dalla ricezione dell’istanza. L’arredo urbano dovrà tener conto dell’espansione au dehors delle attività, coniugandola contestualmente con le esigenze della sicurezza stradale.

Anche Bologna, si incammina verso la stessa direzione: sgravi fiscali, riconversione delle strisce blu del parcheggio, ma anche marciapiedi e portici potranno popolarsi di tavoli per le attività di ristoro, tutto a costo burocratico zero.

E ancora Udine, dove si parla del raddoppio netto dello spazio del suolo pubblico destinato alle attività ristorative. Chiusura strategica di alcune strade, isole pedonali durante il fine settimana a vantaggio di locali e ristoranti.

Anche Milano, senz’altro la città più colpita dalla pandemia, reagisce. Anche qui sospensione delle tasse di occupazione di suolo pubblico per tutto il 2020 e autorizzazioni che dovranno viaggiare in tempistiche di 15 giorni.

Intanto lo chef Gennaro Esposito è stato chiamato alla corte di Vincenzo De Luca, in Campania,  per presiedere la think tank per la riapertura delle attività ristorative, nella massima efficienza, sicurezza e soddisfazione della esigente clientela, in una regione in cui il culto del cibo è un pilastro dell’impresa turistica. Oltre 1000 le aziende del settore coinvolte, grazie alle quali sono state disegnate ben 11 mappe gastronomiche territoriali, da cui è scaturito il protocollo “Brother in Food” presentato in Regione, che sarà la base delle misure straordinarie per supportare il settore.

Sindaci e Governatori si sono dati da fare, adesso si spera in un intervento centrale all’altezza delle aspettative, per fare in modo che l’Italia resti il paese della “Dolce Vita”.