Per fare leva sul patriottismo nei consumi il tricolore sventola sul 14% delle confezioni alimentari ma in ben il 25% dei prodotti sugli scaffali c’è comunque un evidente richiamo all’italianità che spesso viene sfruttata a sproposito. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della Giornata nazionale della Bandiera con la celebrazione del 222/o anniversario della nascita del Primo Tricolore, sulla base dei dati dell’Osservatorio lmmagino che ha rilevato le caratteristiche del packaging di 67855 prodotti del mondo del food con anno terminante a giugno 2018.
Quasi i 2/3 degli italiani sono disponibili a pagare almeno fino al 20% in più pur di garantirsi l’italianità del prodotto che si portano a tavola secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Con un aumento del 3% su base annua delle vendite dei prodotti alim,entari ientiticati dal tricolore non mancano gli inganni come dimostrano gli interventi l’Autorità Garante della concorrenza che – sottolinea la Coldiretti – ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta “Product of Italy” su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco perché in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di scritte sull’italianità dei prodotti poteva indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia, ma la bandiera italiana è stata rimossa anche da tutte le conserve di un’altra azienda che produce “Spicchi di carciofi in olio di girasole” perché nonostante la dicitura “Prodotto e confezionato in Italia” la materia prima risultava importata dall’Egitto.
Un indirizzo che è supportato dagli interventi della Corte di Cassazione che va tuttavia rafforzato da una normativa più stringente come previsto dalle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti La riforma Caselli – spiega la Coldiretti – prevede un rafforzamento dell’articolo 517 del Codice Penale sull’uso di nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, la provenienza o la qualità dell’opera o del prodotto.
La situazione è ancora piu’ grave all’estero dove l’utilizzo del tricolore sui prodotti alimentari non è tutelato nell’ambito degli accordi bilaterali stipulati dall’Unione Europea, dal Ceta con il Canada, fino a quello con il Giappone, e i colori nazionali vengono sfruttati strumentalmente per “spacciare” il falso Made in Italy. Il risultato è che l’“agropirateria” internazionale fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente bandiera, parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale.
Per tutelare il vero Made in Italy la Coldiretti ha promosso insieme ad altre nove organizzazioni l’Iniziativa Europea dei Cittadini “EatORIGINal – Unmask your food” per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti, Nello specifico – sottolinea la Coldiretti – questa proposta d’iniziativa dei cittadini si prefigge di rendere obbligatoria l’indicazione del paese di origine per tutti gli alimenti trasformati e non trasformati in circolazione nell’Ue. La petizione chiede di migliorare la coerenza delle etichette, inserendo informazioni comuni nell’intera Unione circa la produzione e i metodi di trasformazione, al fine di garantire la trasparenza in tutta la catena alimentare. Il sito per sottoscrivere l’iniziativa è: www.eatoriginal.eu.
Fonte: Coldiretti