Nel 2019 previsto un incremento dell’1% della produzione e del 3% delle vendite globali

L’allarme di 50 grandi marchi: penalizzati dall’agropirateria, ora un piano statale di difesa «E’ difficile che l’anno in corso faccia meglio del 2018. Comunque, la “velocità di uscita” lasciata in eredità dalla filiera in chiusura d’anno è incoraggiante». Parola di Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, la nuova realtà associativa nata dalla collaborazione tra oltre 50 marchi dell’industria alimentare italiana e la Coldiretti. Il 2018, infatti, in controtendenza rispetto al crollo generale la produzione alimentare ha fatto registrare un balzo del 2,7% rispetto al 2017 grazie anche al consumo delle famiglie durante le festività di Natale. La crescita continuerà anche nel corso del 2019 ma con un leggero rallentamento che comunque servirà a consolidare il trend con un aumento stimato intorno all’1 per cento. Più robusta la crescita delle esportazioni che potrebbero portare ad una crescita tra il 3 e il 4 % nonostante l’aggressività dell’agro-pirateria e del boom delle imitazioni ingannevoli delle produzioni made in Italy.

Obiettivi e realtà
L’obiettivo del mondo agroalimentare italiano era di raggiungere i 50 miliardi di export nel 2020 ma «realisticamente non lo raggiungeremo – prevede Scordamaglia – per il peso crescente dell’Italian sounding ». Il giro d’affari di chi usa in modo fraudolento simboli e denominazioni che richiamano l’Italia ha superato i 90 miliardi che «incide per il 64% sull’attuale fatturato di settore che viaggia sui 140 miliardi».

Dunque, senza interventi correttivi «di questo passo è facile prevedere nell’arco di altri 10 anni un ulteriore, micidiale, avvicinamento delle due soglie». Se così stanno le cose l’export italiano alla fine dell’anno – sulla base di proiezioni attendibili si avvicinerà a quota 46 miliardi allontanando così il target 50 miliardi e non si inverte la tendenza, che peraltro è solo una punta dell’iceberg, gli ordini di grandezza attuali lasciano ipotizzare una accelerazione progressiva: fra un decennio, un Italian Sounding a quota 120 miliardi, a fronte di un fatturato di 160 miliardi o poco più, con un’incidenza del 75%. Ecco perché malgrado i successi messi a segno dalla filiera, l’obiettivo auspicato di 50 miliardi di export agroalimentare per il 2020 sarà sfiorato, ma non raggiunto.
Difendere il made in Italy, dunque è «una priorità» e la speranza è che il tavolo di lavoro coi ministeri dell’Agricoltura e dello Sviluppo per la definizione di un piano di contrasto all’Italian sounding dia risultati in tempi brevi.

Il peso delle infrastrutture
Ma crescita del sistema agroalimentare non si realizza solo con le esportazioni. Le infrastrutture sono fondamentali per incrementare o mantenere la competitività delle imprese agricole sui mercati nazionali e globali e l’Italia è all’undicesimo posto nell’Unione europea, con un indice infrastrutturale di poco inferiore alla Francia, ma superiore alla Spagna. Ecco perché Agrinsieme, il coordinamento tra Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative chiede a gran voce «l’ottimizzazione della rete sia materiale che immateriale». Franco Verrascina, coordinatore di Agrinsieme, spiega: «La possibilità di incrementare o mantenere la propria competitività sui mercati si gioca in buona parte sulla capacità di aumentare la produttività, con un ruolo determinante del sistema di infrastrutture e logistica».

Fonte: La Stampa