È Le Figaro, ancora una volta, a parlare di cucina italiana e della sua appassionata affezione da parte dei pluridecorati chef d’oltralpe: Ducasse, Gagnaire, Frechon, solo per citarne alcuni.
Non è solo la pasta, ma anche la pizza, patrimonio dell’umanità già dal 2017, a destare l’interesse francese, che nelle sue appetitose varianti, stuzzica la fantasia degli chef, sempre alla ricerca di nuove versioni, pur rispettando, quasi sempre, gli standards qualitativi dettati dalla tradizione gastronomica partenopea e italiana.
Alice Bosio, autrice dell’articolo, cita il New York Times, che qualche giorno fa ha dedicato un dettagliato articolo sulla cucina italiana a Parigi. Pare sia il luogo migliore dove acquistare cibo italiano al di là dei nostri confini. Secondo i dati Trip Advisor, aggiornati a Novembre 2019, a Parigi va il record per il maggior numero di ristoranti italiani tra quelli stranieri (1.774), davanti al Giappone (973) e alla Cina (735). Stesso podio a Lione e Marsiglia. Ed è ancora l’Italia che vince, sia a Londra, in cui supera il numero di ristoranti indiani e cinesi, che a New York, in cui si posiziona davanti a Giappone e Cina.
Ulteriore prova della dilagante mania italiana nella Ville Lumière, è data dall’apertura a Parigi, dopo New York, San Paolo, Seul e Stoccolma, del 39° negozio Eataly, prevista per aprile 2020, in franchising con Galeries Lafayette, che fa registrare, anche nella capitale francese, un costante tutto esaurito.
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(traduzione a cura di ASACERT alla fine di questo articolo)
Tanto onore e tanta gloria vanno purtroppo di pari passo con i sempre più diffusi tentativi di emulazione dei piatti della tradizione gastronomica italiana, troppo spesso mal riusciti. Si tratta di un fenomeno che viene evidenziato, in modo sempre più pressante, dagli stessi operatori del gusto italiano, che vedono usurpare e rappresentare impropriamente i colori, i piatti, i simboli della cucina del Belpaese e che, lungi dal rappresentare degnamente il nostro patrimonio culturale anche a tavola, ne divengono detrattori, recando inaccettabili danni economici e d’immagine a tutto il comparto della ristorazione italiana all’estero.
È senza dubbio in queste motivazioni che risiede l’entusiasmo con cui l’iniziativa di ASACERT, affermato ente di certificazione di origine milanese, che opera in tutto il mondo, è stata accolta dai ristoratori italiani anche in Francia. ITA0039 I 100% Italian Taste Certification, ideato e sviluppato in accordo con Coldiretti e Filiera Agricola Italiana, sostenuto del Ministero dell’Agricoltura e supportato da ANRA, è lo strumento di certificazione a disposizione del consumatore e del folto comparto della ristorazione italiana all’estero. Un mezzo innovativo nella sua efficacia ed integrità, per tutti coloro che desiderano tutelarsi contro i falsi italiani.
“È uno strumento efficace e immediato per i consumatori e gli operatori all’estero, per proteggersi dalle contraffazioni che, purtroppo, stanno chiaramente crescendo a spese degli incomparabili prodotti italiani”, spiega alla giornalista, Fabrizio Capaccioli, Amministratore Delegato di ASACERT. I controlli sono già iniziati nel Regno Unito e negli Emirati Arabi Uniti e “molte richieste provengono proprio dalla Francia”, continua. Inoltre, un sito e un’applicazione permetteranno presto di scoprire l’elenco degli esercenti certificati, delle materie prime utilizzate, con particolare attenzione alle sempre più sentite tematiche ecologiche e l’iter di filiera per l’approvvigionamento dei prodotti.
Cucina italiana: “il grande successo” di Alice Bosio, 11 gennaio 2020, Le Figaro
La gastronomia transalpina è più popolare che mai e seduce persino i grandi chef francesi.
Alain Ducasse, Pierre Gagnaire, Éric Frechon… I grandi chef francesi vanno pazzi per la cucina italiana. Il primo ha aperto la trattoria Cucina alla Maison de la Mutualité (Paris 5e arrondissement) nel settembre 2018, il secondo ha aperto l’osteria Piero TT rue du Bac (Paris 7e arrondissement) all’inizio del 2019, il terzo fa il consulente per L’Italien (Saint-Tropez) da Giugno. Nonostante la sua apparente semplicità, la pasta è un vero e proprio parco giochi estremamente emozionante per gli chef, che devono padroneggiare la preparazione dell’impasto ma anche combinare sottilmente gli abbinamenti con salse, sughi, condimenti. Per non parlare dell’umile pizza, che ora è sul menù dei pezzi grossi! Jean-François Piège, il cui soufflé è diventato un classico, ci ha confidato il suo sogno di aprire una pizzeria, mentre l’italo-argentino Mauro Colagreco, chef del Mirazur, incoronato miglior ristorante del mondo dal World’s 50 Best e 3 stelle Michelin nel 2019, ha inaugurato quest’estate la Pecora Negra sul porto di Mentone. Dalla trattoria che offre prezzi accessibili – il cui abbagliante successo di Big Mamma, che sta per aprire il suo dodicesimo locale, Carmelo (Lione) in meno di cinque anni, ne è un esempio – al ristorante stellato – come il George di Simone Zanoni al George V – la cucina della penisola ha innegabilmente molto successo in Francia.
Mozzarella parigina
Il mese scorso l’edizione internazionale del New York Times ha addirittura dedicato alla capitale un lungo articolo «In Paris, it’s italian, naturally», che elenca i talenti della penisola che vi si sono stabiliti (la mozzarella Nanina prodotta a Parigi, lo chef stellato Simone Tondo, il pizzaiolo gourmet Gennaro Nasti, tra gli altri). Tutto ciò fa della Ville Lumière una meta privilegiata per la gastronomia italiana. Tanto più che a Parigi, l’Italia detiene il record per il maggior numero di ristoranti stranieri elencati sul sito di TripAdvisor (1774), davanti al Giappone (973) e alla Cina (735) – secondo i dati di Novembre. Stesso podio a Lione e Marsiglia. Ed è ancora l’Italia a vincere a Londra (davanti all’India e alla Cina) e a New York (davanti al Giappone e alla Cina).
Un altro recente esempio di questa infatuazione è l’apertura in Aprile, dopo New York, Sao Paolo, Seoul e Stoccolma, del 39° negozio Eataly a Parigi (4e arrondissement), in franchising con le Galeries Lafayette. Il “grand magasin” dove si può mangiare e fare acquisti è sempre pieno. Il suo fondatore, Oscar Farinetti, riassume così le ragioni del suo successo: “L’Italia è il Paese con la maggiore biodiversità del mondo, con un’incredibile ricchezza di prodotti. E la cucina italiana ha il vantaggio di essere semplice e facilmente replicabile”.
Certificazioni e classifiche
Ma d’altro canto, tanta gloria stuzzica l’appetito degli imitatori. Tanto che i professionisti italiani hanno deciso di organizzarsi per puntare i riflettori sui “veri” commercianti che rappresentano il loro orgoglio e la loro gioia al di fuori del territorio nazionale. Così è nata la Certificazione ITA0039 | 100 % Italian Taste, rilasciata dalla società ASACERT, con sede a Milano e commissionata dal Ministro delle Politiche Agricole del Governo italiano, Teresa Bellanova. Se lo richiedono, i ristoranti di tutto il mondo possono essere certificati come italiani al 100%, a condizione che soddisfino una serie di criteri esigenti.
Gli auditor ASACERT visitano la struttura e ispezionano i prodotti, la carta dei vini, il menu e il personale. “È uno strumento efficace e immediato per i consumatori e gli operatori all’estero per proteggersi dalle contraffazioni, che purtroppo sono in aumento a scapito degli ineguagliabili prodotti italiani”, spiega Fabrizio Capaccioli, Amministratore Delegato di ASACERT. I controlli sono già iniziati nel Regno Unito e negli Emirati e “molte candidature stanno arrivando dalla Francia”. Un sito web e un’applicazione permetteranno presto di scoprire i ristoranti certificati.
In forma meno ufficiale, la guida online gratuita 50 Top Pizza, lanciata nel 2017 dai giornalisti Barbara Guerra, Albert Sapere e Luciano Pignataro, evidenzia le migliori pizzerie e, da quest’anno, i migliori ristoranti, in Italia ma anche all’estero, grazie ad un esercito di ispettori che pagano il conto. “Ci siamo ispirati all’idea del sondaggio collettivo 50 Best e ai metodi di visita anonima della Guida Michelin, aggiungendo aspetti metodologici che sono il frutto della nostra esperienza”, spiega Guerra. “I ristoranti e gli chef italiani all’estero sono dei veri ambasciatori del nostro Paese, dobbiamo parlare del loro immenso lavoro”. Nel 2019, il 50 Top Pizza ha incoronato nella categoria straniera, 50 Kalò del napoletano Ciro Salvo a Londra.
Per quanto riguarda i ristoranti italiani fuori dalla penisola, il vincitore si trova a Parigi: si tratta del romano Giovanni Passerini, con la sua cucina creativa vicino al mercato d’Aligre (12e arrondissement). Qui si possono gustare arancini, trippa, pasta fresca con ricette audaci (tagliolini con gamberi rossi di Sicilia, peperoni campani essiccati) e il piccione in due portate. “È sicuramente la mia interpretazione della cucina italiana, adattata ai prodotti che trovo qui, ad essere piaciuta agli ispettori del 50 Top. Faccio parte di una nuova generazione di chef che stanno rielaborando le specialità della loro regione natia e che stanno sconvolgendo trent’anni di banalizzazione della nostra gastronomia. Alcuni clienti non capiscono il nostro menu quando entrano! Cercano gli spaghetti alla bolognese, mentre la cucina italiana è incredibilmente varia”, confida lo chef.
Dialogo delle culture
Una ricchezza che spiega perché gli chef del Tricolore si innamorano del vitello tonnato, degli spaghetti alle vongole, della scaloppina alla milanese o del tiramisù. “Come tutti gli altri, amo l’Italia, e l’ho amata per molto tempo. È un paese affascinante per la sua cultura e la sua cucina”, dice Pierre Gagnaire. Non copio stupidamente le ricette, ma naturalmente scivolo in associazioni che sono le mie scoperte, in omaggio all’Italia”.
Nella sua trattoria Cucina, Alain Ducasse propone i suoi piatti preferiti transalpini con l’aiuto di uno chef toscano, Matteo Lorenzini: “Il mio vero territorio mentale è quello della Riviera, fin dai miei inizi nel 1987, al Louis XV di Monaco. Per me, la cucina italiana è una cugina molto stretta. E sono convinto che noi cuochi facciamo la nostra parte quando mettiamo in dialogo le culture culinarie. Per fare la cucina di un paese, ci vuole l’amore, non il passaporto”. E quella della penisola è un fruttuoso connubio di tradizione e modernità: “È una cucina conviviale, con tante specialità da condividere”. Lo stile di cucina italiana che è stato esportato è anche quello di una cucina leggera, che corrisponde ai gusti dell’epoca”, analizza il monegasco.
L’ultimo ad abbracciare le specialità transalpine è lo chef Cyril Lignac, fortemente attento ai media: “La diversità dei territori italiani è una meravigliosa fonte di ispirazione. È una cucina raffinata, senza sofisticazione, che si basa su prodotti semplici ma con una grande ricchezza di gusto. È una cucina quotidiana, generosa, familiare e di conforto. Amo questa cucina e sono voluto andare oltre, farla mia”. Ci vediamo quindi a marzo, da Ischia, che sostituirà il suo ristorante stellato le Quinzième (Paris 15e arrondissment).