Era il 7 dicembre 2017 quando “L’Arte tradizionale del Pizzaiuolo napoletano” è entrata a far parte del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO, in quanto mestiere la cui forza è tale da riuscire, da solo, a rappresentare l’identità, la storia e continuità di un intero Paese. L’Arte del Pizzaiuolo è l’ottavo riconoscimento nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Unesco, il terzo nazionale – preceduto dalla Dieta Mediterranea e dalla Vite ad alberello di Pantelleria.
Questo traguardo ha consolidato non solo il ruolo della pizza come caposaldo della cucina italiana, ma anche come quello di cibo più amato e consumato al mondo. Tuttavia, è stata proprio questa crescente popolarità a defraudare l’Italia del suo piatto più importante: la pizza, per noi così italiana, per gli USA così tipicamente americana. O meglio, tipicamente newyorkese. Infatti una buona parte di New York è convinta davvero che la pizza sia un piatto locale, difendendola da incursioni straniere come la pizza di Chicago o quella Californiana della West Coast.
Nelle celebrazioni dell’anniversario si è aggiunto anche il Doodle Google. Il motore di ricerca ha dedicato alla pizza un gioco interattivo per imparare a tagliarla correttamente a spicchi in base al tipo e al condimento. Si parte con la classica pizza Margherita, per proseguire con la Pizza Bianca condita con funghi e broccoli e quella Salame piccante. Ma è andando avanti con i livelli che il gioco diventa sempre più difficile per un italiano amante della vera pizza Made in Italy: troviamo il tipico fenomeno dell’Italian Sounding nella Calabresa e nella Muzzarella, ma incappiamo anche in vere e proprie novità come la Magyaros – la pizza greca, la Paneer Tikka di origine indiana, la Tom Yam di origine thailandese, che si ispira alla omonima zuppa di frutti di mare e crostacei. C’è anche quella più criticata, la Hawaiana con prosciutto e ananas a cui si aggiunge una degna rivale, quella Dolce con zuccherini e orsetti gommosi.
In ITA0039 queste celebrazioni si svolgono ogni giorno. Fieri di abitare nel Paese della Pizza, supportiamo chi ha deciso di portare – quella originale – oltreoceano, utilizzando ingredienti 100% Made in Italy. È una conseguenza quasi obbligata per ITA0039, quella di rimanere scettica di fronte al Doodle di oggi. L’intento è apparentemente evidente: celebrare un piatto amato a tal punto da avere una sua versione in ogni Paese. Eppure, l’inserimento della pizza italiana nella lista dell’UNESCO ha un significato diametralmente opposto: la pizza rappresenta una comunità, quella italiana, e con il mondo vuole condividerne l’identità fatta di tradizioni, gesti, canti, sorrisi, abilità, performance, incontro e convivialità: l’Arte del Pizzaiuolo napoletano è un know-how culinario trasmesso attraverso le generazioni fino a oggi.
L’inserimento in questa sorta di categoria protetta, che avrebbe dovuto proteggere un’arte secolare, ha invece portato all’errata convinzione che in una lista di Patrimoni Immateriali, l’inserimento sia stato attribuito in favore di un prodotto materiale, la pizza. Troppo spesso – e Google oggi lo ha dimostrato – si è dichiarato che la pizza è Patrimonio UNESCO.
In ITA0039 si osserva sempre con un certo rammarico come la pizza, che fece la sua prima apparizione negli Stati Uniti con l’arrivo degli immigrati italiani nel tardo XIX secolo, sia stata, con il passare del tempo, stravolta, inglobata dalla cultura ospitante, che ne ha fatto un piatto nuovo e diverso rispetto all’originale. Appare dunque inutile ripetere che le pizze americane sono troppo: troppo ricche, troppo grasse, troppo condite con ingredienti scelti a casaccio. Più semplicemente, non sono pizze, così come la Moussaka non è una Parmigiana.