L’export agroalimentare della Campania registra numeri positivi in tutto il mondo, ma incrementi percentuali a tre cifre si registrano verso la Cina, con un trend che va consolidandosi. Se le esportazioni italiane verso il Paese del Dragone, come conferma l’Ambasciatote della Republica Popolare Cinese in Italia, Li Ruiyu, sono quadruplicate negli ultimi dieci anni, nello stesso periodo i prodotti agroalimentari della Campania venduti nel gigante asiatico hanno avuto una crescita del 141%.
È quanto afferma anche Coldiretti Campania nel commentare la visita del vicepremier Lugi Di Maio in Cina con l’obiettivo di rimuovere le barriere non tariffarie che impediscono di esportare liberamente. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca – continua la Coldiretti – l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi mentre sono ancora bloccate le mele e le pere, oggetto di uno specifico negoziato. Un ostacolo che occorre superare per proseguire nel percorso di riequilibrio dei rapporti commerciali nell’agroalimentare dove le importazioni dalla Cina hanno superato del 29% il valore delle esportazioni che nel 2017 erano state pari a 448 milioni di euro, anche per effetto delle barriere commerciali. In Campania le importazioni hanno toccato nello scorso anno il valore di circa 104 milioni di euro.
Analizzando i dati per provincia emergono delle indicazioni interessanti – spiega Coldiretti Campania – che fotografano le vocazioni territoriali. In dieci anni sono esplose le esportazioni da Caserta, passate da meno di 90 mila euro a quasi 2 milioni di euro. Lo stesso vale per Benevento che ha raggiunto il mezzo milione di euro. Se in termini percentuali le due province registrano incrementi notevoli, in valore assoluto la parte del leone la fanno l’industria agroalimentare di Napoli e i prodotti partiti da Salerno e Avellino, che toccano rispettivamente quasi 17 milioni, 9 milioni e oltre 5 milioni di euro. Dato curioso è la contrazione del dato dell’Irpinia, unico caso, che registra un calo negli ultimi dieci anni di oltre il 21%. I dati del primo semestre 2018, che al contrario registrano un boom per l’export irpino, sono la conferma di un cambiamento di strategia verso altri Paesi del Mondo, in primis gli Stati Uniti. Il dato tendenziale del primo semestre 2018 conferma la crescita dell’export campano verso la Cina, che rispetto allo stesso periodo del 2017 vale un +1,3% al cui interno continua la crescita forte di Caserta (+143,8%), seguita da Benevento (+17,6%) e Avellino (+4,5%), mentre calano Napoli (-8,6%) e Salerno (-1,1%).
“Il nostro rapporto con la Cina – commenta Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale Coldiretti e presidente regionale della Campania – può costituire una grossa opportunità. Ma da questo grande Paese arrivano grandi quantità di prodotti agroalimentari di cui poi si perde traccia, come ad esempio il concentrato di pomodoro e l’olio d’oliva. La nostra organizzazione chiede trasparenza e tracciabilità, per consentire al consumatore una scelta consapevole e per riconoscere di conseguenza un prezzo giusto ad agricoltori e allevatori. Continueremo a chiedere etichette che raccontino non solo la sede di lavorazione e confezionamento, ma che indichino chiaramente anche l’origine del prodotto. Recuperare quote di mercato sottratte dall’italian sounding significa dare valore a tutta la filiera produttiva, dal campo alla tavola”.
Fonte: Il Denaro