Prestazioni stellari per il comparto dell’esportazione agroalimentare italiana. Secondo le proiezioni ISTAT il settore è in crescita e potrebbe rappresentare un vero e proprio volano per la ripresa economica del Paese.

Gennaio: mese di analisi e bilanci per l’export agroalimentare, che nel 2018 ha toccato per la prima volta la cifra record di 42 miliardi di euro. Il settore del made in Italy culinario, infatti, non smette di stupire e continua a sorreggere con grande impatto l’esportazione italiana, accanto alla moda e alla meccanica di precisione. Secondo i dati elaborati da Coldiretti, a partire dalle previsioni ISTAT per l’anno 2018, i prodotti agroalimentari italiani venduti all’estero hanno segnato un notevole incremento e hanno contribuito a far crescere il guadagno complessivo del settore del 3%.

A spadroneggiare sulle tavole degli stranieri è senza dubbio il vino, il prodotto italiano più venduto e apprezzato all’estero. Le stime sull’export presentate a novembre dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che prevedevano la crescita del 3,8% delle vendite con un valore assoluto vicino ai 6,2 miliardi di euro, non sono state disattese, nonostante il drastico calo dei volumi di produzione vitivinicola (9% in meno rispetto all’anno precedente). Il vero protagonista nelle vendite è lo spumante, che da solo supera 1,5 miliardi di euro ricavati in un anno e fa registrare una crescita del 13%; il Prosecco mantiene un importante primato tra i vini sparkling negli States, in Russia, Svizzera, Brasile e Svezia, mentre a battere il consumo dei vini fermi nostrani nel mondo resta ancora la produzione francese.

Il secondo comparto per esportazione è occupato dall’ortofrutta fresca, i cui prodotti vengono apprezzati in particolare in Europa, ma che nell’ultimo anno ha subito un rallentamento rispetto al valore registrato nel 2017. A seguire troviamo salumi e formaggi, cresciuti del 3%, e il più classico dei prodotti italiani la pasta (+2%).

Circa i due terzi dell’esportazione agroalimentare italiana sono destinati all’Unione Europea, all’interno della quale il nostro principale estimatore rimane la Germania; per quanto riguarda, invece, i Paesi extra-europei si confermano al primo posto gli Stati Uniti, primo mercato di riferimento per l’Italian food a livello globale.

A minacciare non poco la crescita dell’export però sono le politiche economiche internazionali che preannunciano un periodo di grandi cambiamenti all’insegna del “neoprotezionismo”: le conseguenze della Brexit, l’imposizione di eventuali dazi commerciali da parte del governo Trump e le conseguenze indirette dell’embargo in Russia, infatti, rischiano di minacciare seriamente uno dei settori di punta dell’economia italiana.

Per il momento, a sostenere il successo dell’export del made in Italy alimentare, tuttavia, sono la qualità e gli alti standard produttivi che fanno dell’Italia un leader a livello mondiale su diversi fronti. Moltissimi sono i prodotti riconosciuti dai marchi di eccellenza – tra i quali 415 vini DOC o DOCG e 294 specialità DOP o IGP – con più di 5 mila prodotti originali censiti dalle Regioni per la loro unicità. L’Italia detiene il primato in Europa per la produzione “bio” con 60 mila aziende agricole impegnate nel biologico e 40 mila imprese che custodiscono semi e piante a rischio di estinzione. Il nostro Paese, inoltre, è al primo posto nel mondo per la sicurezza alimentare, infatti, secondo le ricerche il 99,4% dei prodotti provenienti dall’Italia presenta residui chimici perfettamente regolari.

ASACERT, grazie al protocollo “ITA0039 | Italian Taste Certification” ha elaborato un sistema di certificazione che, attraverso l’analisi e l’accurata valutazione di prodotti, materie prime, personale e menù proposto, garantisce l’italianità nel settore della ristorazione all’estero e si propone di combattere ed eliminare il fenomeno dell’Italian Sounding.