Dopo quasi 20 anni in StMicroelectronics, non sorprende che nei primi progetti di Carlo Ferro per il nuovo corso dell’Ice ci sia tanta innovazione, un’elevata fiducia nel cambio di passo che può avvenire con la digitalizzazione.
Ferro è stato indicato alla presidenza dell’Ice dal consiglio dei ministri alla fine di novembre e si è insediato agli inizi di gennaio. Venerdì scorso ha presieduto il primo consiglio di amministrazione a margine del quale ha illustrato al Sole 24 Ore le linee strategiche della promozione del commercio estero. Un progetto pubblico sulla tecnologia blockchain per tracciare i prodotti made in Italy, un Piano giovani «puntando molto sulle startup e la formazione», un’attenzione crescente al sistema delle fiere e all’incoming dei buyers rispetto agli anni precedenti, una strategia di filiera per coinvolgere in modo maggiore le piccole e micro imprese al fianco delle medie e grandi che internazionalizzano. Si partirà da qui, proprio mentre l’export italiano ha iniziato a frenare dopo la grande corsa degli ultimi anni.
«Scontiamo il rallentamento della domanda dell’economia mondiale e dobbiamo rispondere fissando alcuni obiettivi molto chiari: allargare la base dei mercati, guadagnare quote su quelli esistenti, aumentare il numero di aziende esportatrici e il contributo dell’export alla crescita nazionale: oggi un euro esportato rappresenta 73 centesimi di valore aggiunto domestico. Dobbiamo aumentare questo dato con una maggiore integrazione di filiera».
Ferro, che in St prima come Cfo e poi come presidente per l’Italia ha lavorato ai cambiamenti in questo campo, insiste sul «matching tra innovazione e mercati». «Vogliamo allargare e modernizzare i servizi – dice il neo-presidente – facendo leva sulle tecnologie digitali e rivolgendoci particolarmente alle medie e piccole imprese e agli artigiani che hanno minore capacità autonoma di accedervi. Penso alle piattaforme internazionali di e-commerce, alla tracciabilità del prodotto con etichette “smart”, a nuovi modelli di offerta, a un big data dei buyers nel mondo». Sulla blockchain il ministero dello Sviluppo (Mise) sta preparando una strategia nazionale e l’Ice si aggancerà al treno. «La tracciabilità dei prodotti serve a proteggere il brand, a indicare l’origine di un DOCG,DOC, DOP, IGP, a contrastare la contraffazione e il fenomeno dell'”italian sounding”, quindi interessa molte filiere diverse, dal fashion all’agroalimentare». L’intenzione è utilizzare il protocollo blockchain per assicurare la disponibilità in rete di informazioni certificate accessibili a partire da un’etichetta. «Oppure anche una digital tag – continua Ferro – può contenere queste informazioni leggibili da uno smartphone. Esistono diverse opzioni e progetti, da rendere praticabili anche rispetto al costo e all’accessibilità. Ecco, vorrei creare in Ice un centro di competenza digitale – in stretto collegamento con le iniziative del Mise – che renda disponibili alle imprese che esportano delle piattaforme standard».
La difficoltà vera starà probabilmente nella capacità di strutture e organizzazioni tradizionali di assorbire la velocità di cambiamento. Ferro, che non esclude «un nuovo concorso se sarà superato il tetto di 450 unità per l’organico», ha scelto Coldiretti e Confartigianato per i suoi primi incontri ufficiali. «Con tutto il rispetto per la filiera delle medie e grandi imprese, che ovviamente continueremo a sostenere,abbiamo voluto iniziare da queste associazioni per dare un segnale, dal momento che intendiamo coinvolgere sempre di più gli artigiani e la filiera agroalimentare». L’attenzione alle microimprese e ai coltivatori diretti sarà probabilmente visibile nelle iniziative del Piano straordinario per il 2019, ancora all’esame del Mise per il via libera finale. Molta attenzione, in linea con le indicazioni del ministro Luigi Di Maio, anche per le imprese meridionali. «A mio modo di vedere il 12% di esportazioni nazionali espresse dal Mezzogiorno è un dato estremamente basso». Un obiettivo di incremento? «Direi che dobbiamo ambire ad arrivare al 17-20% in un orizzonte di quattro anni».
Ed anche per l’aumento degli esportatori c’è già un target da raggiungere. «Le ultime statistiche parlano di circa 196mila aziende. Nei quattro anni di riferimento possiamo puntare ad almeno 30mila imprese in più».
Per tradurre nella pratica queste ambizioni si punta al mix di Paesi (Cina, India ma anche Giappone, Corea, Brasile, area del Golfo e Asean) e settori strategici (quelli classici del made in Italy più energie rinnovabili, tecnologie emergenti) fissati dalla cabina di regia governativa. Grandi speranze Ferro le ripone nel progetto Export manager, «che andrà avanti, coinvolgendo sempre di più giovani professionisti con partite Iva». E nelle startup. «Ci dedicheremo molto alla crescita delle giovani imprese innovative sui mercati esteri, facendole partecipare sempre di più ai grandi eventi dove possono incontrare buyers di alto livello. Ad esempio abbiamo già raddoppiato gli spazi per l’anno prossimo al Consumer Electronic Show di Las Vegas. Penso poi di coinvolgere le imprese in un programma “adotta una startup” e stiamo preparando l'”Erasmus startup” proposto dal sottosegretario al Mise Michele Geraci».
Fonte: Il Sole 24 Ore