Dalla clamorosa vicenda del latte sversato per strada dai pastori sardi si dovrebbero trarre spunti di riflessione sul Made in Italy che non sembrano interessare il Governo. Il latte di pecora sardo è la materia prima per la produzione di formaggi pregiati il cui prezzo finale determina anche il prezzo del latte. I formaggi e altri prodotti dell’industria agroalimentare italiana sono in buona parte destinati all’export, il cui volume totale ammonta a oltre 41 miliardi (dati 2017). Una cifra ragguardevole, alla quale però mancano molti miliardi di vendita nel mondo di prodotti che sembrano italiani, ma non lo sono affatto. È il problema del c.d. «italian sounding»: prodotti con nomi che ricordano gli originali italiani, ma sono dei falsi (ad esempio parmesan ecc.) Il fenomeno dell’italian sounding vale cifre enormi, di difficile quantificazione esatta, ma comunque non meno di 60 miliardi. Soldi sottratti al pil, agli agricoltori e alle industrie italiane; senza contare la concorrenza sleale sui prezzi (come svelato dal caso del pecorino).

Da sempre, e anche con l’attuale peggior ministro della storia della repubblica, Luigi Di Maio, non si fa niente per affrontare il problema a livello di sistema Paese; la difesa è lasciata alla gestione dei produttori che da soli possono fare poco. E l’italian sounding è solo un aspetto della generale e imperdonabile trascuratezza con cui trattiamo il nostro asset più importante: quello che potremmo chiamare (se fosse depositabile) il marchio «Made in Italy». L’unico, goffo e includente tentativo di regolamentare l’etichettatura «Made in Italy» risale al 2010 (legge n. 50 Reguzzoni-Versace-Calearo) nel settore tessile, pelletteria e calzaturiero (altrettanto strategico per il Paese). La legge è in vigore dal 2010, ma è inapplicabile per lo stop imposto dalla Ue in quanto in conflitto con le norme comunitarie e questo per il sorprendente motivo che Made in Italy è maggiormente tutelato dalla normativa comunitaria che dalla legge interna.

Il prezzo del latte è dunque la punta dell’iceberg; la difesa serrata del Made in Italy è un preminente interesse nazionale, ma sul punto le imprese italiane sono lasciate sole.

Fonte: Italia Oggi

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